“Marc Chagall come nella pittura, così nella poesia”, la rassegna a cura di Gabriella Di Milia, in collaborazione con la Galleria Statale Tret’jakov di Mosca.
130 opere tra cui il ciclo completo dei 7 teleri dipinti da Chagall nel 1920 per il Teatro ebraico da camera di Mosca, sono dal 5 settembre ospitati al Palazzo della Ragione, monumento medievale che sorge nel cuore della città, decorato con straordinari cicli di affreschi, per secoli centro del potere civico di Mantova. Il Palazzo riapre al pubblico dopo un lungo e complesso intervento di valorizzazione che consentirà di ospitare un palinsesto di attività culturali, ricco e qualificato.
Il progetto espositivo dedicato a Chagall rappresenta infattila prima tappa di una programmazione espositiva triennale dedicata al Novecento, che il Comune di Mantova inaugura assieme alla casa editrice Electa.
Il nucleo centrale della mostra è costituito da 7 pannelli, tempere e gouache su tela di grandi dimensioni (tra cui Introduzione al Teatro ebraico, 284 x787 cm), risultato di un prestito eccezionale della Galleria Statale Tret’jakov di Mosca, di assai rara presenza in Italia. I teleri vennero presentati a Milano nel 1994 e a Roma nel 1999, dopo le esposizioni del 1992 al Guggenheim di New York e del 1993 al The Art Institute di Chicago.

Attorno alle sette opere viene proposta la la ricostruzione dell’environment del Teatro ebraico da camera, ossia una “scatola” di circa 40 metri quadrati di superficie, per cui Chagall aveva realizzato, oltre ai dipinti parietali, le decorazioni per il soffitto, il sipario insieme a costumi e scenografie per tre opere teatrali. In particolare, nel grande pannello Introduzione al teatro ebraico, che occupava la parete sinistra della platea, è possibile subito notare come Chagall si è svincolato dal quel che era diventato il suo modo abituale di fare pittura, sperimentando metodi più sintetici e immediati. Nel teatro erano situati, sulla parete di destra, i quattro quadri raffiguranti le Arti personificate: la Musica rappresentata da un violinista mefistofelico, la Danza da una mastodontica ballerina, il Teatro dal Badchan, l’animatore di matrimoni ebrei e, infine, la Letteratura dalla figura tutta bianca dello scriba-poeta. I pannelli erano sormontati da una striscia di simboli commestibili e terribili. Si tratta del Fregio che rappresenta il banchetto nuziale in cui, accanto a pesci, pani, frutta e galli vivi, si serve anche un amante defunto, per accennare forse al fatto che il vecchio teatro ebraico sarebbe stato soppiantato da una poetica dell’assurdo. Dirigendosi verso la porta d’uscita della sala gli spettatori potevano infine osservare il dipinto Amore sulla scena, opera in cui era evidente sino a che punto Chagall poteva spingersi nell’uso di elementi non oggettivi rimanendo il pittore delle suggestive immagini psichiche, a doppio senso.